reflui zootecnici
Le diverse fasi di gestione dei reflui zootecnici sono accompagnate da emissioni gassose che determinano problemi di odori e dispersioni in atmosfera di ingenti quantità di ammoniaca (NH3) e gas ad effetto serra (protossido di azoto – N2O e metano – CH4) L’NH3, in particolare, è ritenuta responsabile dell’acidificazione dei suoli, contribuisce all’eutrofizzazione delle acque ed è implicata nei processi di formazione di polveri sottili (PM2,5) nell’atmosfera. Va inoltre sottolineato che l’ammoniaca è una forma azotata prontamente disponibile per le colture, pertanto le perdite di NH3 rappresentano dal punto di vista agronomico un mancato apporto alle colture, che andrà ripristinato con le concimazioni. I rischi di emissioni di ammoniaca sono particolarmente elevati soprattutto durante la gestione del liquame digerito dove la concentrazione di azoto ammoniacale può facilmente rappresentare il 60-70% dell’azoto totale. L’evoluzione del quadro normativo obbliga le aziende zootecniche ad intraprendere azioni mirate a contenere tali emissioni di gas inquinanti.
Alcune possibili soluzioni
Le corrette soluzioni gestionali e strutturali permettono un’efficace contenimento delle emissioni gassose, sia durante lo stoccaggio sia a seguito della distribuzione in campo.
stoccaggio
Nella fase di stoccaggio, si può intervenire coprendo i bacini di stoccaggio, ma anche ponendo attenzione al rapporto superficie/volume nella loro realizzazione. Nel caso degli effluenti non palabili (liquami tal quali, digeriti e frazioni liquide da separazione solido-liquido), oltre che con strutture fisse, la copertura degli stoccaggi può essere realizzata con materiali flottanti (es. elementi di materiale plastico, granuli di argilla espansa, ecc.),
con significative percentuali di abbattimento delle emissioni di odori e di ammoniaca (60 – 80%). Anche le strutture per il recupero del biogas, pur essendo dedicate alla captazione del metano, permettono la mitigazione delle perdite ammoniacali.
spandimento
Nella fase di spandimento degli effluenti non palabili è possibile adottare sistemi di distribuzione che riducono la polverizzazione del getto, es. la distribuzione localizzata in bande rasoterra (55-60 % di riduzione delle perdite rispetto alla distribuzione superficiale con piatto deviatore), oppure procedere all’interramento immediato del refluo (fino al 97 % di riduzione delle perdite, con l’interramento a solco chiuso).
Nel caso degli effluenti palabili (letame, frazioni solide da separazione solido-liquido dei liquami), la distribuzione deve essere realizzata con dispositivi idonei a limitare la polverizzazione e la dispersione del materiale. È opportuno, inoltre, procedere allo spandimento nelle idonee condizioni climatiche (assenza di vento e temperature ambientali contenute). Un’efficace tecnica di abbattimento delle emissioni, ancora poco diffusa in Italia, ricorre all’acidificazione dei reflui (in stalla o nelle successive fasi di stoccaggio e distribuzione).
Questa tecnica prevede l’impiego di additivi, naturali o chimici, al fine di mantenere un valore di pH del refluo inferiore a 6. Al di sotto di tale valore, la maggior parte dell’azoto ammoniacale si trova in soluzione sotto forma di ione ammonio (NH4+), non volatile. L’acido solforico concentrato (H2SO4) è l’additivo maggiormente impiegato, grazie alla sua elevata efficienza e al costo ridotto. Tale soluzione gestionale consente di ridurre fino al 70% le emissioni di ammoniaca rispetto al refluo tal quale. Da studi recenti è emerso, inoltre, che è in grado di ridurre le emissioni di gas serra (con particolare riferimento al metano e al protossido di azoto) e le perdite di nitrati per lisciviazione, oltre a favorire l’assorbimento dei nutrienti da parte delle colture.