Prospettive di sviluppo
La produzione di frutta secca in Italia interessa nocciolo, noce, castagno e mandorlo. In questi ultimi anni, di fronte ad una crescente richiesta di frutta secca in generale ed una maggiore attenzione alla qualità, freschezza e potere nutraceutico delle produzioni locali, in Piemonte si sta assistendo ad un rinnovato interesse per sperimentare nuovi impianti e nuove varietà. L’opportunità è infatti da prendere in seria considerazione, sia per le nuove tendenze nutrizionali sempre più attente agli aspetti salutistici, ma anche e soprattutto in virtù del fatto che le importazioni sono in forte aumento di anno in anno.
Pensando poi alle molte problematiche che interessano sempre di più alcune importanti coltivazioni frutticole e cerealicole, oggi come oggi , guardare attentamente ai mercati attuali e a quelli futuri e scegliere di orientarsi un pò’ di più verso impianti di frutta a guscio, nel rispetto della vocazionalità dei territori e con un occhio all’innovazione ed all’impatto ambienta lesi rivela sempre sempre più vincente.
Nocciolo
La forte richiesta di nocciole sia da parte dell’industria che della piccola e media pasticceria, ha creato negli ultimi anni un sensibile aumento di impianti in Piemonte e non solo.
In Piemonte si sono superati i 14.000 ha di noccioleti coltivati, con prospettive future di notevole sviluppo. Si stanno modificando le tecniche colturali con sesti d’ impianto sempre più adatti ad una completa meccanizzazione e nuovi metodi di gestione, difesa, potatura e, laddove ne esiste la possibilità, irrigazione; il tutto mirato ad un miglioramento qualitativo e quantitativo delle produzioni.
Dagli ultimi dati sulle produzioni del nocciole a livello mondiale, emerge costantemente il rischio di una carenza di prodotto sempre più palese rispetto ad una richiesta in costante aumento.
La Turchia, che fornisce più del 70% della produzione mondiale, dopo aver raggiunto gli 8.000.000 q.li di alcuni anni fa, ha subito, per motivazioni diverse, un’inversione di tendenza preoccupante, mentre la produzione nel resto del mondo, se pur in aumento, non riesce a sopperire la riduzione di prodotto turco.
In Piemonte, negli ultimi 10 anni, si è passati da una produzione di circa 100/120.000 q.li a circa 140/150.000, pur considerando che il 2013 ed il 2014 sono state annate non particolarmente produttive.
In parallelo stanno aumentando i consumi soprattutto in molte parti del mondo.
La nocciola, unitamente agli altri frutti in guscio ( noci e mandorle ), ha un’ entrata in produzione abbastanza lenta ( 5 – 8 anni ). Questo fattore, assieme alla presenza di numerosi impianti in senescenza, non gestibili con le moderne tecniche colturali e quindi tendenti a scomparire, rende particolarmente interessante l’impianto di nuovi noccioleti, ma soprattutto l’adozione di tecniche innovative, di nuove varietà e di materiale vivaistico tracciato e sano.
Il Piemonte con la sua varietà autoctona “ Tonda Gentile delle Langhe” , riconosciuta a livello mondiale come la migliore in assoluto dal punto di vista organolettico, offre diverse nuove aree da destinare alla corilicoltura, zone non adatte alla viticoltura e dove la cerealicoltura diventa spesso antieconomica.
Anche la FERRERO SPA di Alba, con il suo gruppo tecnico e commerciale, si sta muovendo concretamente per un importante progetto di ampliamento e rinnovo del noccioleto piemontese. E’ infatti recentissimo l’accordo firmato ad Alba, tra Ferrero S.P.A., ISMEA e Regione Piemonte, per orientare maggiori risorse ed energie possibili su un importante progetto che dovrà portare, nei prossimi cinque anni, all’impianto di 5.000 ha di noccioleti. In particolare l’accordo dovrebbe portare ad investire maggiormente, con il nuovo P.S.R., nelle aree marginali e in quelle più vocate per la varietà Tonda Gentile delle Langhe, opportunamente selezionata e risanata , ma anche per sperimentare sul fronte vivaistico e produrre materiale certificato, esente da fitopatie e più adatto per una migliore impollinazione, una più facile gestione dei polloni radicali ed un minor periodo di entrata in produzione. Il materiale esiste già, frutto di un importante lavoro di sperimentazione portato avanti dal gruppo FERRERO in collaborazione con molti Istituti scientifici di ricerca di tutto il mondo; ora occorre un altrettanto importante lavoro di stimolo tramite attività di informazione, formazione e coordinamento, per applicare correttamente i risultati ottenuti, partendo dai vivaisti più seri ed attenti al mondo corilicolo, fino ad arrivare ai giovani imprenditori per programmare assieme a loro una filiera completa ed importante, che porti alla parte agricola maggior reddito e certezze per il futuro e a tutti un prodotto di sempre maggiore qualità e ottenuto con un minimo impatto ambientale e paesaggistico.
La Cooperativa Mondagri, di Alba, particolarmente attenta alle innovazioni colturali cui gli imprenditori locali sono portati, propone un suo pacchetto di servizi tecnici per la realizzazione di noccioleti e noceti moderni, sempre più adatti per un anticipo delle produzioni/ha, per la potatura meccanica e l’irrigazione di soccorso dove necessaria e possibile. Innovazioni sufficientemente sperimentate e collaudate, che stanno dando sorprendenti risultati sia sul fronte qualitativo che come aumento della produzione e riduzione dell’alternanza.
Mondagri Coop. offre quindi piena disponibilità alla fornitura di tutto quanto necessita la realizzazione di un impianto di noccioleto o di noci ( scelta del materiale vivaistico, presentazione dei progetti P.S.R., richieste di contributi, ecc): dall’ assistenza tecnica ai monitoraggi dei più importanti parassiti, fino alla consulenza per la partecipazione ai progetti di rete.
NOCETO DA FRUTTO
Come per il nocciolo, la produzione di noci in Italia, non solo è possibile con buone prospettive di reddito, ma quasi doverosa, in quanto ogni anno importiamo sempre più noci da California, Cile, Argentina, Francia e paesi dell’Est Europeo.
La scarsa produzione italiana di noci proviene pressoché totalmente da
impianti da frutto tradizionali e copre una minima parte dei consumi. Pertanto è necessario proporre la realizzazione di nuovi impianti.
La costituzione e la conduzione dei moderni noceti deve prevedere l’impiego di tecniche proprie della frutticoltura: scelta dell’ambiente e del modello di impianto, adeguata preparazione del terreno, messa a dimora di piante innestate, sane e di sicura origine genetica, appropriata gestione del suolo, concimazioni, potature, difesa, irrigazione e meccanizzazione delle operazioni colturali. Gli obiettivi principali che si perseguono con i nuovi impianti sono il contenimento della fase improduttiva, la riduzione della mole degli alberi, il mantenimento di un elevato standard qualitativo per l’ottenimento di produzioni pregiate.
AMBIENTE
Il noce comune (Juglans regia) che in condizioni ambientali favorevoli può raggiungere un’altezza notevole (25-30 m), richiede terreni tendenzialmente sciolti o di medio impasto, fertili, profondi. Il noce è assai sensibile all’asfissia radicale e agli attacchi di Armillariella mellea: il terreno deve perciò essere permeabile e di facile sgrondo. Predilige terreni neutri ma tollera anche pH 6-8, nei suoli troppo acidi pH 4-5 il guscio dei frutti resta tenero e in quelli troppo basici possono comparire manifestazioni di clorosi ferrica. Resiste a basse temperature ma è sensibile alle gelate tardive; il suo fabbisogno in freddo è di 1000-1500 ore a t°<7°C. Il numero di ore di insolazione è fattore correlato alla produttività: in ambienti con meno di 1000 ore di insolazione tra maggio e settembre, i frutti hanno gusci difettosi. I nuovi impianti vanno effettuati solamente dopo un attento esame delle caratteristiche delle cultivar da introdurre e delle condizioni di suolo, altitudine, esposizione, giacitura, piovosità che condizionano resa e qualità dei raccolti. L’espressione genetica di una cultivar o del binomio cultivar/portinnesto è infatti condizionata dall’ambiente: in un sito vocato sono ridotti al minimo i costi per la gestione del frutteto ed è massimizzata la quantità di biomassa fissata negli organi della pianta. Se i parametri pedoclimatici, che determinano la vocazionalità di un ambiente, si discostano da quelli ideali si manifestano stress e qualità e quantità di frutti risultano insoddisfacenti.
SUOLO
I terreni migliori per il noce sono quelli profondi, leggeri e freschi, ricchi di fosforo e potassio; sono pure indicate le terre silicee provenienti da degradazione di graniti e scisti cristallini. Sono però utilizzabili anche suoli superficiali purché leggeri e ben provvisti di elementi fertilizzanti. Riguardo la reazione del suolo, il pH deve essere compreso tra 5 e 6,5. Vanno evitati i suoli con presenza di calcare attivo. La permeabilità del suolo è basilare: vanno scartati i terreni pesanti, asfittici, argillosi, soggetti a ristagni idrici, che favoriscono i marciumi radicali, in particolare gli attacchi di Phytophthora spp. e di Armillaria mellea, dove l’apparato radicale si mantiene più superficiale rendendo le piante maggiormente esposte a carenze idriche durante i periodi siccitosi.
CLIMA
La specie è moderatamente termofila, tollera i freddi invernali, ed è adatta ad ambienti caratterizzati da una temperatura media annua compresa tra + 8 e +15°. La resistenza ai freddi invernali fino a -15, -20°C è maggiore per il noce europeo rispetto alle cultivar americane. Pur essendo il germogliamento tardivo (marzo-aprile), le piante sono sensibili ai ritorni di gelo in primavera che possono danneggiare i teneri germogli in via di allungamento. La precocità di germogliamento è un carattere che va tenuto in debito conto nella scelta varietale, soprattutto nel caso delle cultivar americane, in genere più precoci delle europee. Anche la giacitura del terreno ha molta importanza e a tale riguardo vanno possibilmente scartati i fondovalle soggetti a gelate primaverili tardive. Il noce è pianta eliofila. Una piovosità superiore a 800-900 mm/anno, ben distribuita durante la stagione vegetativa, assicura una disponibilità idrica sufficiente. Il noceto va impiantato privilegiando le zone riparate dal vento.
MODELLO DI IMPIANTO
Le potenzialità vegeto produttive nel pedoclima prescelto si esprimono scegliendo accuratamente il modello d’impianto volto ad ottimizzare densità di piantagione, disposizione degli alberi, forma di allevamento, portinnesto, varietà principale e impollinatori. Il modello d’impianto definisce la tipologia dei filari e l’architettura del castagneto, cioè l’occupazione dello spazio da parte di chioma e radici e gli spazi per le operazioni colturali.
DENSITÀ E SESTI
La tendenza generale di tutte le colture frutticole è quella di aumentare la densità di piantagione e, con essa, la resa produttiva per unità di superficie, dovuta ad un maggiore indice di copertura del suolo (rapporto tra superficie occupata dalla proiezione delle chiome e superficie dell’appezzamento). Negli impianti fitti si riducono i costi per le operazioni colturali (potatura, raccolta, difesa fitosanitaria) e il periodo improduttivo. A parità di forma di allevamento, negli alberi piccoli il rapporto tra superficie e volume della chioma è maggiore e ad una miglior intercettazione della luce corrisponde una più elevata produzione di fotosintetati, innanzitutto glucidi. A fronte di questi vantaggi si contrappongono inconvenienti quali il più elevato costo iniziale dell’impianto, dovuto al maggior numero di piante occorrenti per unità di superficie, ed alla minore durata economica per la forzatura a cui sono sottoposte le piante. Le densità di impianto, per i motivi sopraccennati oscillano tra 120 e 200 piante/ha, in relazione a varietà, portinnesto, clima e fertilità del terreno. In linea generale i sesti oscillano da 6-8 m sulla fila a 8-10 m tra i filari. E’ preferibile un sesto iniziale definitivo ampio perché le piante, troppo fitte assumono presto un portamento non corretto, assurgente, non più modificabile. I noceti da frutto, se realizzati e condotti secondo i criteri della moderna frutticoltura, sono in grado di fornire i primi raccolti fin dal 4° – 5° anno dall’impianto.
DISPOSIZIONE DEGLI ALBERI
Lo schema d’impianto può essere in quadro (piante disposte ai vertici di un quadrato), a rettangolo, a settonce (piante disposte ai vertici di triangoli equilateri), a quinconce (ai vertici di triangoli isosceli). La disposizione a rettangolo è la più utilizzata perché è semplice nella realizzazione. L’orientamento nord-sud dei filari permette alle chiome di essere illuminate a levante nella mattinata e a ponente nelle ore pomeridiane, favorendo una razionale intercettazione della luce nell’arco della giornata.
POTATURA E FORME DI ALLEVAMENTO
Come per le altre specie da frutto la tendenza attuale della moderna nocicoltura è quella di ridurre al minimo il periodo improduttivo anticipando l’entrata in produzione per ridurre i costi, raggiungere al più presto le dimensioni finali delle piante e la massima produttività senza compromettere la qualità dei raccolti. Questo obiettivo si raggiunge ottimizzando l’utilizzo dell’acqua, degli elementi minerali e la superficie elaborante costituita dalla massa di foglie che compie il processo fotosintetico. Gli interventi cesori sulle piante in fase giovanile devono essere molto contenuti per consentire un rapido sviluppo della chioma e permettere il raggiungimento dell’equilibrio chioma/radici. La potatura eccessiva, riducendo la superficie fotosintetizzante, ritarda il raggiungimento di tale equilibrio e prolunga lo stadio giovanile. Risulta fondamentale un’adeguata forma della chioma e un adeguato sfoltimento in grado di distribuire le foglie nello spazio, ottimizzare intercettazione e distribuzione dell’energia luminosa: infatti su formazioni poco illuminate la differenziazione a fiore è scarsa o nulla.
PORTINNESTI
I portinnesti sono un fondamentale elemento per la modernizzazione degli impianti e fattore determinante per il successo in frutticoltura. Generalmente vengono utilizzati il franco, proveniente da semi di varietà coltivate, e il selvatico, derivato da semi di forme spontanee. Il primo si adatta bene alle diverse condizioni pedologiche, è affine alla maggior parte delle cultivar, induce vigoria e longevità agli alberi che entrano però tardivamente in produzione (10-12 anni). E’ sensibile agli attacchi di Armillariella e di Phytophthora. Si effettuano anche innesti di noce comune su noce nero (Juglans nigra), ottenendo piante con precoce entrata in produzione (5-6 anni), resistenza ad Armillariella e a Phytophthora ma con sviluppo inferiore.
CULTIVAR
Da un punto di vista varietale vanno privilegiate le varietà in grado di assicurare raccolti elevati e, soprattutto, costanti adattandosi alle diverse condizioni climatiche di un territorio ampio e differenziato. di qualità. In quest’ottica i caratteri che una cultivar da frutto deve possedere sono diversi a seconda della destinazione finale del prodotto: consumo fresco, trasformati, olio. Nei nuovi impianti specializzati la scelta varietale può cadere verso genotipi di origine californiana: Serr, Hartley, Chandler, oppure di origine francese quali Franquette, Mayette, Parisienne, Maylannaise, Lara.
Le cultivar californiane hanno la capacità di fruttificare anche sulle gemme laterali (brindilli) del ramo di un anno oltre che oltre che su quelle terminali, con risvolti positivi sulla produttività della pianta. Le cultivar californiane (in specie Hartley e Serr) sono sensibili alla batteriosi rendendole inadatte per gli ambienti umidi. Le cultivar californiane hanno inoltre un germogliamento precoce che le rende soggette alle gelate primaverili tardivi, mentre quelle di origine europea hanno germogliamento e fioritura medio tardiva o tardiva, in grado di sfuggire ai ritorni di gelo (Lara, Franquette).
Tra le cultivar di origine europea Franquette, a fioritura tardiva, rustica, resiste bene ai freddi, è produttiva e la resa dei frutti allo sgusciato è di 45 %. Maylannaise e Ronde de Montignac sono buoni impollinatori. Parisienne, vigorosa, rustica, a germinazione e fioritura tardiva, è produttiva con frutti di buona pezzatura e di forma oblunga. Lara, a rapida entrata in produzione ed elevata produttività (50 % in più di Franquette), è adatta ad impianti intensivi; fiorisce circa una settimana prima di Franquette, e i frutti, grossi e globosi, con guscio sottile, hanno una resa di 53 %.
Tra le cultivar italiane Noce di Sorrento, sensibile ai ritorni di gelo, ha frutti a guscio sottile, mentre quelli di Noce di Benevento sono molto grossi. Noce Feltrina, a fioritura tardiva, è indicata per zone soggette a gelate primaverili.
Tra le cultivar americane più idonee: Chandler, molto produttiva (90 % di gemme laterali fertili), poco vigorosa, a portamento semieretto, con noci grandi, rotonde e resa circa del 49%; Hartley, produttiva (5-10 % di fiori femminili in gemme laterali), a frutto grande.
SCHEMI DI IMPIANTO
Gli schemi di piantagione devono prevedere più di 2 varietà intercompatibili perché il noce, specie monoica, presenta sovente fioritura maschile e fioritura femminile sfasate, non contemporanee, rendendo impossibile impollinazione e fecondazione del fiore femminile. Vanno pertanto messe a dimora cultivar a fioritura contemporanea in grado di assicurare una buona impollinazione, premessa per abbondanti raccolti. Va comunque rilevato che lievi sfasature tra le epoche di antesi maschili e femminile possono essere assorbite dalla scalarità di emissione del polline e dalla notevole durata della recettività stigmatica, che raggiunge il livello massimo 1-3 settimane dopo la completa fioritura femminile e si mantiene fino ad oltre un mese da tale fase.
TECNICA COLTURALE
Gestione del suolo
Obiettivo fondamentale della gestione del suolo è quello di mantenere e migliorarne la fertilità. A seconda delle modalità di gestione si può privilegiare la protezione del terreno dall’erosione, regolare l’attività vegeto produttiva delle piante, rendere possibile la transitabilità delle macchine evitando fenomeni di compattamento del suolo, contenere la flora spontanea. Le tecniche che possono essere adottate sono lavorazione, pacciamatura, diserbo, inerbimento, da sole o in combinazione. Nella gestione integrata del frutteto si opta per sistemi misti:
Irrigazione
Per il noce l’irrigazione è pratica poco diffusa, tuttavia, dove l’acqua è un fattore limitante, essa apporta notevoli benefici. La tecnica irrigua, coordinata con gli altri interventi agronomici, modifica lo sviluppo vegetativo e riproduttivo delle piante, condiziona lo sviluppo dei diversi organi, la qualità dei raccolti e rende disponibili gli elementi minerali presenti nel suolo. I sistemi di irrigazione da preferirsi sono quelli localizzati (goccia, microjet) che consentono un razionale impiego delle risorse idriche, perché consentono di minimizzare gli apporti energetici esterni al sistema, nel quadro di una gestione razionale e sostenibile delle risorse naturali. Gli impianti microirrigui permettono inoltre una puntualità di intervento durante le fasi in cui le piante sono soggette a stress idrico, esaltando gli effetti sulla qualità, se gli interventi sono appropriati e tempestivi (Genovesi, 1998). Si consiglia pertanto di iniziare immediatamente dopo che gli apporti delle precipitazioni sono insufficienti a soddisfare le esigenze idriche delle piante. La microirrigazione può essere abbinata alla fertirrigazione che permette la localizzazione e il frazionamento del concime con notevoli benefici in sintonia con i principi della produzione biologica e in armonia con l’ambiente. In questa ottica integrata gli interventi irrigui e fertilizzanti sono finalizzati alla sincronizzazione della disponibilità di elementi nutritivi e di acqua in base alle richieste delle piante. Anche l’aspersione, meglio se sotto chioma, consente di distribuire l’acqua su un’ampia superficie e favorire lo sviluppo di un apparato radicale espanso. Nello scegliere il sistema irriguo occorre tenere conto dei fenomeni di asfissia radicale a cui il noce può andare incontro se l’acqua è somministrata in modo irrazionale. Scelto il metodo irriguo occorre programmare le decisioni relative alla gestione stabilendo l’inizio e la fine della stagione irrigua, i volumi e i turni di adacquamento. Per la stima del fabbisogno idrico occorre conoscere le caratteristiche delle piante (area fogliare, sviluppo del sistema radicale) e l’evaporazione colturale. L’acqua è un fattore limitante nei primi anni d’impianto quando gli apparati radicali, poco sviluppati, sono facilmente soggetti a stress idrici, specialmente nei caldi mesi estivi. Le piante adulte sono particolarmente esigenti nel periodo di ingrossamento dei frutti, agosto -settembre, mesi generalmente poco piovosi in molti ambienti nocicoli. Nei mesi di aprile-maggio i consumi sono solitamente modesti sia per il ridotto sviluppo dell’area fogliare che per la bassa evapotraspirazione e le frequenti piogge che caratterizzano gli ambienti nocicoli.