Davide De Simeis
Gli amminoacidi sono sostanze fondamentali nel metabolismo di tutti gli esseri viventi in quanto costitutivi strutturali di numerosi elementi cellulari (pareti, lignine, organelli) ed enzimi (proteine in grado di catalizzare reazioni chimiche fondamentali allo sviluppo biologico di un sistema vivente).
Esistono in natura 20 amminoacidi proteinogenici e ognuno di questi è in grado di assolvere specifiche funzioni all’interno della cellula, non solo per via “diretta” ma anche per via indiretta, a seguito di biotrasformazioni strutturali mediate da altre componenti cellulari o da sistemi esterni come nel caso dei microorganismi del suolo.
L’obiettivo di questo inserto consiste nell’ evidenziare alcune peculiarità che aiutino a comprendere l’efficacia di prodotti biostimolanti a base di amminoacidi e ciò, mediante l’esplicazione di alcuni meccanismi celati dietro a una semplice osservazione empirica di risultato positivo.
Le piante, infatti, sono in grado di sintetizzare oltre 250 amminoacidi non proteinogenici che sono coinvolti nella sintesi di composti antimicrobici, repellenti o tossici per fitofagi, utili nel rispondere a stress di natura abiotica o nell’accumulo di azoto.
Uno di questi composti è la β-alanina, un derivato dell’acido L-aspartico coinvolto in numerosi processi del metabolismo primario ma anche del metabolismo secondario quali la biosintesi della lignina, etilene o β-alanin-betaina, un importante composto osmoprotettore implicato nella protezione di stress salini, terreni ipossici ed alte temperature.
Un’ altra importante sostanza è l’acido pipecolico ottenuto dalla biotrasformazione della L-Lisina. Questa sostanza e, in particolare, il suo N-idrossil-derivato (NHP), funge da sistema cruciale nella regolazione della risposta sistemica acquisita (SAR). La sua presenza, infatti, è in grado di attivare l’accumulo nei tessuti vegetali di acido salicilico libero e/o coniugato, principale molecola segnale di risposta a patologie di natura biotica legate al sistema SAR.
I prodotti a base di amminoacidi possono essere anche importanti “shuttle di azoto”.
Un esempio emblematico di questo tipo di meccanismo è l’utilizzo dell’acido L-glutammico e della L-glutammina da parte della pianta. In questo caso, appunto, i due amminoacidi non sono convertiti in altre sostanze ma sono essi stessi vettore di azoto ammoniacale.
Il vantaggio di avere questo tipo di amminoacidi “ready to use” da parte della pianta sta nel fatto che la coltivazione non ha bisogno di costruirseli e, pertanto, riesce ad organicare l’azoto velocemente, impiegarlo nei suoi processi fisiologici e risparmiare preziosa energia da redistribuire in altri tipi di processi in quel momento fenologico più importanti.
È fondamentale sottolineare che anche la microflora del terreno è importantissima in questo tipo di biotrasformazioni, poiché anch’essa è in grado di convertire gli amminoacidi in altri tipi di sostanze. Un esempio è la conversione del L-triptofano in acido -indolacetico, un’importante auxina coinvolta nella rizodeposizione. Diversi microorganismi della rizosfera quali Bacillus sp.; Pseudomonas sp.; Streptomyces sp. e molti altri ancora sono in grado di eseguire questa trasformazione dell’amminoacido sopra indicato nel suo corrispettivo fitormone promuovendo, così, non solo una maggiore radicazione della pianta ma anche un maggiore recupero dei nutrienti per una migliorata capillarizzazione dell’apparato radicale stesso.
La pianta e il suolo sono sistemi vivi, in grado di rispondere e comunicare tra loro attraverso la chimica delle fermentazioni. Applicare un prodotto a base di amminoacidi scatena una serie di eventi concatenati l’uno con l’altro che possono aiutare l’agricoltore a ottenere coltivazioni più sane, rigogliose e responsive a molteplici stress anche attraverso un attento recupero della biodiversità dei suoli.
Alla luce di quanto sopra, risulta pertanto fondamentale conoscere la biologia e la chimica che sta alla base di un prodotto affinché espleti al meglio la sua funzione in un’ottica di agricoltura sostenibile.